lunedì 24 agosto 2009

IL DOLORE

La definizione scientifica del dolore è : "esperienza spiacevole, sensitiva ed emotiva, attribuita a o descritta come danno tissutale". La percezione del dolore è uno dei sistemi di difesa sviluppati dagli esseri viventi per la sopravvivenza e l'allontanamento degli stimoli pericolosi.
E' il risultato finale di una serie di eventi : la trasduduzione, la trasmissione e la modulazione dello stimolo doloroso o nocicettivo.
La trasduzione è la conversione, effettuata dai recettori nervosi periferici, di stimoli chimici, meccanici e termici in eccesso in impulsi elettrici che viaggiano lungo le fibre nervose.
Il tipo di stimolo è codificato dalla frequenza degli impulsi.
La trasmissione dello stimolo doloroso avviene attraverso vie nervose contenute dapprima nei tronchi (nervi propriamente detti), poi nelle radici e quindi nel midollo spinale, costituendo il fascio spino-talamico.
Il talamo, punto di arrivo di queste vie, è un importante centro di smistamento degli input nocicettivi e sensitivi in generale, soprattutto alla corteccia cerebrale dei lobi frontali e parietali.
La trasmissione è influenzata da due importanti fenomeni : la cosiddetta sensibilizzazione ed il "gate control". La prima, causante l'iperalgesia cioè l'esagerata percezione dello stimolo, è la facilitazione della trasmissione dello stimolo doloroso quando si protrae nel tempo. La teoria del gate (cancello) control si fonda sull'evidenza che gli altri input sensitivi non dolorifici possono "chiudere il cancello" ed impedire la trasmissione degli input nocicettivi. Poiché le vie nervose che conducono gli stimoli sensitivi periferici verso la corteccia cerebrale hanno una capacità di conduzione quantitativamente limitata, l'aumento degli input non nocicettivi riduce la trasmissione di quelli dolorifici. Su questo principio si basano tecniche analgesiche come l'agopuntura.
La modulazione: Alla corteccia cerebrale non giunge lo stimolo esattamente come era partito dal recettore periferico: durante il suo decorso esso subisce un processo di modulazione: esistono strutture cerebrali, come il grigio peri-acqueduttale e nucleo del rafe magno, da cui originano vie nervose discendenti che vanno ad influenzare, soprattutto a livello del midollo spinale, le vie ascendenti del dolore, riducendo la trasmissione degli stimoli elettrici nocicettivi.
I mediatori chimici coinvolti in questi processi sono la serotonina, la noradrenalina ed i cosiddetti oppioidi endogeni, o endorfine, analgesici veri e propri prodotti nel nostro organismo.
La sensazione dolorosa
In definitiva va oltre la mera percezione: e' infatti il risultato finale di una serie di stimoli che sommandosi coinvolgono le aree recettive del sistema nervoso. Ne risulta un'esperienza sgradevole modificabile col passare del tempo. In termini tecnici si dice che l'esperienza dolorosa comprende:
la la presa d'atto dell'arrivo dell'input nocicettivo dalla periferia ("sensazione", percezione cognitiva o dolore propriamente detto).
Una componente affettivo/motivazionale (la sofferenza), correlata alla personalità ed allo stato psicologico dell'individuo. Per questo la percezione del dolore è così variabile.

fonte: dolore.biz

A volte il dolore motivazionale è più complesso dell'input nocicettivo ed a volte è molto più difficile da curare.
La medicina migliore dicono i maestri Zhen, sembra trovare appoggio nel tempo e nella cura del proprio spirito.
Tuttavia se i danni arrecati o i fatti che hanno portato a tale dolore sono tali da sconvolgere il nostro equilibrio emotivo, ecco che allora non sarà solo il tempo ad aiutarci.
Sembra a volte che per molti sia facile trovare una terapia veloce, mentre sembra che per i più sensibili servano altri input.
Dicono che chi cammina nell'ombra della notte senza accorgersene non vedrà mai la luce, ma io dico che quando si è camminato per del tempo in una luce artificiale o comunque non genuina, a volte la notte può essere il faro migliore.
Andrea Piobbici

sabato 15 agosto 2009

Amare significa lasciare libera e felice una persona

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I forti non crescono in mezzo agli agi, e fare e essere ciò che siamo e capire chi siamo ci permette di non perderci… mai, e se si commette un errore è giusto capire tutto, sopratutto quando pagano i più forti… non sono perfetto, ma invece di perdere tempo nelle miriadi di stupidaggini, invece di sprecare le energie, perché non ci impegnamo con il cervello (perché è questo che ci distingue dagli animali) a non fare male, se non a noi stessi (errare per noi è comprensibile) almeno agli altri, questo basterebbe davvero… è che purtroppo si sbaglia perché si è comodi.

mercoledì 6 maggio 2009

ALCOL E DROGA : LEGGETE CON ATTENZIONE !!




Mamma, sono uscita con amici. Sono andata ad una festa e mi sono ricordata quello che mi avevi detto: di non bere alcolicie non drogarmi.
Mi hai chiesto di non bere visto che dovevo guidare, cosi ho bevuto una Sprite.
Mi son sentita orgogliosa di me stessa, anche per aver ascoltato il modo in cui, dolcemente, mi hai suggerito di non bere se dovevo guidare, al contrario di quello che mi dicono alcuni amici.
Ho fatto una scelta sana ed il tuo consiglio è stato giusto.
Quando la festa e finita, la gente ha iniziato a guidare senza essere in condizioni di farlo.
Io ho preso la mia macchina con la certezza che ero sobria. Non potevo immaginare, mamma, ciò che mi aspettava... Qualcosa di inaspettato! Ora sono qui sdraiata sull'asfalto e sento un poliziotto che dice: "Il ragazzo che ha provocato l'incidente era ubriaco e drogato". Mamma, la sua voce sembra così lontana...
Il mio sangue è sparso dappertutto e sto cercando, con tutte le mie forze, di non piangere.
Posso sentire i medici che dicono: "Questa ragazza non ce la farà". Sono certa che il ragazzo alla guida dell'altra macchina non se lo immaginava neanche, mentre andava a tutta velocità. Alla fine lui ha deciso di bere ed io adesso devo morire... Perchè le persone fanno tutto questo, mamma? Sapendo che distruggeranno delle vite? Il dolore è come se mi pugnalasse con un centinaio di coltelli contemporaneamente.
Dì a mia sorella di non spaventarsi, mamma, di a papà di essere forte. Qualcuno doveva dire a quelragazzo che non si deve bere e guidare... Forse, se i suoi glielo avessero detto, io adesso sarei viva... La mia respirazione si fa sempre piu debole e incomincio ad avere veramente paura... Questi sono i miei ultimi momenti, e mi sento così disperata... Mi piacerebbe poterti abbracciare mamma, mentre sono sdraiata, qui, morente. Mi piacerebbe dirti che ti voglio bene per questo... Ti voglio bene e.... addio.
Queste parole sono state scritte da un giornalista che era presente all'incidente. La ragazza, mentre moriva, sussurrava queste parole ed il giornalista scriveva... scioccato.
"La dove inizia il dolore, nasce la consapevolezza dalla vita e della mrte. " ( Andrea Piobbici )
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martedì 5 maggio 2009

LE PROBLEMATICHE DELL'AMORE: la seconda unione

Sulla seconda unione spesso pesano le stesse incognite della prima.
Infatti se entrambi i membri della nuova coppia non hanno approfondito seriamente le motivazioni e le problematiche che hanno causato la fine della loro precedente unione, le precedenti "eredità negative" finiranno coll'avere, inevitabilmente, conseguenze anche sulla nuova unione.
Dopo poco, infatti, i problemi irrisolti della precedente unione riafforano e mettono in crisi anche la nuova relazione.
Occorre essere pronti a ricominciare la nuova avventura sentimentale consapevoli dei possibili problemi, facendo tesoro degli errori del passato.
Ma ciò non sempre avviene.
Nelle relazioni amorose, in particolare, c'è la tendenza a riprodurre l'infelicità. Inconsciamente finiamo per ripetere la vecchia storia coniugale, scegliendo un coniuge analogo al primo. O, se ne sposiamo uno con carattere diverso, inconsapevolmente facciamo pressioni per ottenere gli stessi comportamenti, con conseguenza assolutamente negative. Un secondo matrimonio ha più possibilità di successo se si riesce davvero a ripartire da zero, a lasciarsi alle spalle quello precedente.
Chi, invece si porta ancora dentro il fallimento del primo, perché non ha ancora elaborato tale fallimento, finisce con il gravare il nuovo rapporto di richieste eccessive, per pareggiare il conto con le sofferenze del primo.
Anche litigi e routine coniugale possono essere più duri da sopportare, la seconda volta, perché dal nuovo matrimonio ci si aspettano solo cose positive, non avute dal primo. Con le conseguenti frustrazioni, delusioni e tensioni. Insomma, chi ha rotto una volta è meno disposto ad accettare un'unione che non ritiene del tutto felice, quindi è più propenso a interromperla al primo sopraggiungere di problemi.
A ciò si aggiunge lo stress del divorzio che anche se siamo stati noi a lasciare o se la separazione è stata consensuale, possiamo uscire scossi, dubbiosi sulle nostre capacità di impegnarci in relazioni durature, convinti di essere fuori gioco per sempre.
Il divorzio O LA DIVISIONE, andrebbe vissuto invece come tempo di riflessione e riconciliazione con noi stessi. Un'esperienza formativa, di verifica di aspettative ed errori per guadagnare maggiore consapevolezza di chi siamo e cosa vogliamo da una relazione. Alcuni secondi matrimoni soffrono per i paragoni con il primo, anche se gli ex non hanno tutte le qualità dell'attuale partner.
Spesso scatta il confronto, anche su diversi livelli, causa di incomprensioni e insinuazioni. Anche i problemi con i figli di primo letto possono minare la sopravvivenza del secondo matrimonio. Il divorzio mette in crisi identità e senso di appartenenza dei figli. E la confusione aumenta quando i genitori si risposano.
I piccoli possono giocare il ruolo di “sabotatori” della nuova unione, per motivi diversi, che a volte si intrecciano: hanno paura di perdere l'amore del genitore che si risposa, sono ostili al nuovo partner, si sentono lacerati fra la fedeltà alla vecchia e alla nuova famiglia, oppure esclusi dalla felicità della nuova coppia.
D'altro canto, la “coppia felice” può avere momenti che contribuiscono ad aumentare la confusione e il disagio: discussioni su chi paga e quanto per i figli, questioni su “una volta tanto sarebbe bello cenare da soli.
Và dato ai figli il tempo di ricostruire una loro nuova rappresentazione di scena familiare, senza scompaginarla con sovrapposizioni di ruoli.
Il nuovo lui o la nuova lei non devono assolutamente cedere alla tentazione il genitore assente o, peggio, di indossare i panni di matrigna o patrigno. I figli vengono talvolta usati dall'ex per intromettersi nella nuova coppia: atteggiamento che esaspera e crea tensioni.
Spesso sono gli uomini a lasciare le situazioni in sospeso. In ogni caso, è bene evitare di entrare in rotta di collisione con compagni e compagne precedenti. Il contatto tra ex dovrebbe limitarsi agli impegni di genitori, senza sconfinare in terreni che mettono a rischio l‘intimità della nuova coppia.
Oltre ai figli, a sentirsi escluso può essere il partner.

fonte: mald'amore.it

martedì 28 aprile 2009

L'ONORE

Il termine onore è usato ad indicare un sentimento che comprende la reputazione, l'autopercezione o l'identità morale di un individuo o di un gruppo.
In generale, poste di comune condivisione talune regole comportamentali nell'ambiente di riferimento, l'onore corrisponde al diritto di rispetto da parte degli altri come conseguenza premiale del contemporaneo dovere di rispetto degli altri. Nel concetto di rispetto sono da includersi anche regole che impongono l'obbligatorietà del sacrificio in presenza di determinate situazioni di difficoltà proprie od altrui. In alcune culture il concetto originario d'onore si è ridotto a mera pretesa di rispetto, ad esigenza di rispettabilità.

COS'è LA DIGNITà

Con il termine dignità, si usa riferirsi al sentimento che proviene dal considerare importante il proprio valore morale, la propria onorabilità e di ritenere importante tutelarne la salvaguardia e la conservazione.
Per i modi della sua formazione e le sue caratteristiche intrinseche, questo sentimento si avvicina a quello di autostima, ovvero di considerazione di sé, delle proprie capacità e della propria identità. Pertanto il concetto di dignità dipende anche dal percorso che ciascuno sceglie di compiere, sviluppando il proprio "io".
Ugualmente si riconosce dignità alle alte cariche dello Stato, politiche od ecclesiastiche richiedendo che chi le ricopre ne conservi le alte caratteristiche.

La dignità in filosofia
In filosofia, con il termine dignità umana si usa riferirsi al valore intrinseco e inestimabile di ogni essere umano: tutti gli uomini, senza distinzioni di età, stato di salute, sesso, razza, religione, nazionalità, ecc. meritano un rispetto incondizionato, sul quale nessuna "ragion di Stato", nessun "interesse superiore" della "Scienza", la "Razza", o la "Società", può imporsi. Ogni uomo è un fine in se stesso, possiede un valore non relativo (com’è, per esempio, un prezzo), ma intrinseco.
Storicamente, il tema della dignità è stato approfondito dallo Stoicismo che, in virtù della partecipazione del logos umano a quello divino, affermava l’identità delle virtù negli uomini a prescindere dal ceto sociale e dal sesso. Lo Stoicismo, in questo modo, riuscì a superare alcuni atteggiamenti conservatori in cui, paradossalmente, erano inciampati grandi filosofi come Platone o Aristotele. Il cristianesimo ha ripreso la concezione stoica della dignità umana sostenendo che ogni uomo sia un riflesso dell'immagine di Dio. La questione sulla dignità dell'uomo è stata poi approfondita durante il Rinascimento, quando la questione ha assunto caratteri polemici contro la dottrina della Chiesa, accusata di aver promosso la svalutazione del mondo terreno. Durante il rinascimento l'uomo venne considerato un essere dalla natura indeterminata, in grado di compiere in assoluta autonomia le proprie scelte di vita

COS'è L'ORGOGLIO

Il termine orgoglio si riferisce ad un forte senso di autostima e fiducia nelle proprie capacità, unito all'incapacità di ricevere umiliazioni e alla gratificazione conseguente all'affermazione di sé, o di una persona, un evento, un oggetto o un gruppo con cui ci si identifica.
Un'espressione comune, sinonimo di orgoglio, è "avere un'alta opinione di sé".
L'orgoglio smodato comporta un senso di superiorità rispetto alle altre persone, e prende il nome di superbia, che presso la dottrina cristiana è il più grave dei sette peccati capitali. Una persona orgogliosa tende sempre a voler tutta l'attenzione degli altri su di sè senza preoccuparsi degli stati d'animo delle altre persone. Se qualcosa non va secondo le sue emozioni, allora tende ad arrabbiarsi con i suoi interlocutori.

martedì 7 aprile 2009

LA NINFOMANIA

Il termine ninfomania (dal greco antico nymphè, νύμφη: ninfa sposa e mania, μανία: mania) fu coniato nel 1771 dal medico francese J. D. T. de Bienville, che lo utilizzò per la prima volta nel suo studio La Nymphomanie, ou Traité de la fureur utérine (La ninfomania, ovvero trattato sul furore uterino).
Fu considerata dapprima una perversione e, in tempi successivi, una patologia sessuale femminile caratterizzata da una compulsiva ricerca di partner e accompagnata da anorgasmia o frigidità.
Nel 1992 l'Organizzazione Mondiale della Sanità non riconobbe più nella ninfomania una patologia e nel 1995 la American Psychiatric Association cancellò tale voce dalla IV edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, riconducendo tuttavia il concetto, insieme all'equivalente maschile noto come satiriasi, entro la più vasta categoria dell'ipersessualità.
I termini ninfomania e ninfomane entrarono presto nel linguaggio comune in un'accezione generica e spregiativa, per definire donne sessualmente libere e intraprendenti. In questo senso il filosofo Umberto Galimberti, ha voluto vedere nel concetto di ninfomania "un prodotto dell'immaginario maschile che teme la sessualità attiva della donna, perché l'uomo si compiace di attivare la sessualità nella donna, ma va in angoscia se la donna attiva la propria sessualità da sé [....]
Questo tipo di relazione, che gli uomini di frequente instaurano con le donne, è vissuto in modo angoscioso se sono le donne a instaurarlo con loro, perché, di fronte all'intraprendenza femminile, l'uomo si vede collocato in quella condizione di passività in cui ama invece vedere collocate le donne [...] siccome un uomo senza potere fa vergogna a sé stesso, allora, per salvarsi, non gli resta che iscrivere la donna che lo riduce in queste condizioni nella sfera della patologia e, scomodando la mitologia greca, traduce il fascino di una ninfa in una malattia [...]. Alcune definizioni psichiatriche come l'isteria e la ninfomania raccontano molto più delle difese degli uomini nei confronti delle donne, di quanto non dicano delle patologie femminili."
Fonti:
wikipedia.org/wiki/NinfomaniA

sabato 28 marzo 2009

L'IPOCONDRIACO

L'ipocondria (dal greco hypochondrios, che si trova sotto lo sterno) è una distorsione delle normali sensazioni che provengono dall'interno del corpo, erroneamente interpretate come sintomi di malattia. È anche detta patofobia, dal greco páthos (sofferenza), o nosofobia, dal greco nósos (malattia).
Quadro clinico
L'ipocondria varia dalla più semplice paura di ammalarsi fino a terrore di aver contratto o sviluppato malattie gravissime, invalidanti o mortali. Secondo la psicoanalisi e la psicoterapia dialettica l'ipocondria poggia su un conflitto psicodinamico inconscio, simile a quello ossessivo e a quello melanconico (depressivo), nel quale impulsi rabbiosi diretti verso persone o valori da cui si dipende o che fanno parte della propria identità vengono ritorti contro il soggetto stesso per via dei sensi di colpa. Importante in questa interpretazione il ruolo giocato dal super-io.
In generale l'ipocondria viene descritta come un disturbo legato all'ansia, che può essere collegabile ad un problema appartenente sia alla sfera relazionale del malato sia alla sua identità. In questo modo, il malato trasferisce la sua attenzione dalla vera causa, che diviene insolubile, ad un bersaglio utilizzato anche come strumento di giustificazione. Per esempio quando un individuo teme di non riuscire a raggiungere un determinato obiettivo prefissato (scolastico, professionale, ecc.), ecco che può trovare, grazie alla malattia, una giustificazione di comodo che gli risparmia la sensazione di inadeguatezza.
Ogni persona in reale stato di malattia manifesta naturalmente un certo grado di ipocondria che non necessita di trattamento medico. È di competenza medica, invece, l'ipocondria che accompagna malattie quali depressione, attacchi di panico, e la cosiddetta ipocondria delirante.
L'ipocondria colpisce prevalentemente i maschi di età compresa tra i 40 e 50 anni, anche se tutte le fasce di età possono essere coinvolte da questa malattia, che è più frequente nelle persone insicure, aventi una immagine di sé piuttosto fragile e che vivono in ambienti ansiogeni.
Sintomatologia
Come nel disturbo ossessivo-compulsivo, l'ipocondria spinge il malato ad effettuare frequentemente una serie di riti, come per esempio lavarsi le mani o altro, necessari come mezzi strategici difensivi per proteggersi dalle insidie provenienti dall'ambiente che lo circonda, consentendogli in questo modo di attenuare il disagio provato.
L'individuo ipocondriaco fatica ad affrontare con disinvoltura il corso degli eventi quotidiani e nel caso specifico dà l'impressione di restare invischiato in una selva di obblighi e divieti, talmente opprimenti da limitargli la libertà di azione.
La paura di contrarre malattie può manifestarsi in varie fasi di età, ad esempio l'adolescente fobico potrebbe essere indotto a tenere un comportamento sospettoso e di chiusura nei confronti del mondo esterno a quello parentale, temendo i pericoli e le prove insite nel mondo dello studio, del lavoro, delle relazioni sociali.
Nello sviluppo della malattia è fondamentale, in qualunque caso, il modello di riferimento e di condizionamento che sin da piccolo, il soggetto, ha potuto osservare e assorbire: per esempio, nell'ambito familiare può essere deleteria una figura materna o paterna troppo prudente e timorosa nei confronti della vita e del mondo.
Ipocondria delirante
In questo caso la malattia insanabile, spesso percepita a carico dell'apparato cardiovascolare o gastrointestinale, diventa tema fisso e dominante che spinge l'ipocondriaco ad abusare di continue visite ed indagini specialistiche che, nonostante gli esiti negativi, non riescono a tranquillizzarlo.
Il circolo vizioso in cui il soggetto cade determina una crescente incapacità di prendere atto, in modo consapevole, della propria condizione e di accettare offerte di aiuto. In questo caso solo l'intervento medico può apportare qualche beneficio.

domenica 8 marzo 2009

8 MARZO AUGURI AMORE MIO.

LA BELLEZZA DI UN AMORE è COME IL DOLCE PROFUMO DI UNA ROSA ASSIEME ALLA SUA STUPENDA PERFEZIONE.
AMARE SIGNIFICA VIVERE IN SIMBIOSI CON L'ALTRO...NON è MAI FACILE.
L'AMORE è UN INSIEME DI PICCOLI GESTI QUOTIDIANI, DI ONESTà, LEALTà E FEDELTà.

venerdì 6 marzo 2009

L'IMPERFEZIONE DEGLI ESSERI UMANI


La locuzione latina errare humanum est, perseverare autem diabolicum, tradotta letteralmente, significa commettere errori è umano, ma perseverare [nell'errore] è diabolico. La frase, ormai entrata nel linguaggio comune, viene attribuita a Lucio Anneo Seneca
Assioma filosofico con il quale si cerca d’attenuare una colpa, un errore, una caduta morale. Già nella letteratura classica si possono trovare alcuni precedenti in Livio (Storie, VIII, 35): "Venia dignus est humanus error" ("ogni errore umano merita perdono"), e Cicerone: "Cuiusvis est errare: nullius nisi insipientis, in errore perseverare" ("è cosa comune l’errare; è solo dell’ignorante perseverare nell'errore").
Il significato è chiaro: siamo esseri umani, e l'errore capita. Questo, però, non deve essere un'attenuante per giustificare la trascuratezza, ma un invito ad imparare dall'esperienza per ridurre il numero di errori commessi.
PENSIAMOCI!

AUTOSTIMA E VALORI

PRIMA DI PROPORVI IL NUOVO ARGOMENTO,VORREI RICORDARE CHE IL MIO BLOG TRATTA ARGOMENTI A 360° ANCHE CON L'AIUTO DI ARTICOLI ESTRAPOLATI DA ALTRI SITI,AL FINE DI RENDERE UN SERVIZIO ALLA SOCIETà,AUMENTANDO LA "CONOSCENZA" IN GENERE, SENZA PROFITTO E/O TERZI FINI

AUTOSTIMA E VALORI


Lo psicologo William James (1842-1910) è stato tra i primi a studiare un particolare fenomeno: alcune persone con scarse abilità sembravano dotate di una sicurezza di sé ostentata ed incrollabile, mentre altri stimati da tutti e ritenute persone valide diffidano delle proprie qualità.

Ancora oggi riviste, programmi televisivi e libri di auto-aiuto propongono delle “ricette” e dei consigli per migliorare la propria autostima, dando l’illusione che esista una ricetta che vada bene per tutti, dimenticando la componente individuale che ci caratterizza come persone.

Cos'è l'autostima?
In realtà l’autostima è qualcosa di molto più semplice e personale; l’autostima è semplicemente una stima, una valutazione, o se vogliamo la risposta alla domanda: ”Cosa penso di me?”.

Se ci valorizziamo la nostra autostima sarà alta altrimenti sperimenteremo quella che viene chiamata bassa autostima.

Da dove nasce l'autostima
Alcuni autori come ad esempio Alice W. Pope (1992), sostengono che la stima di sé origini dal confronto tra l'immagine che ciascuno ha di se stesso e l'immagine di ciò che si vorrebbe essere.

In questo senso, tanto più il "come siamo" è lontano da il “come vorremmo essere” tanto più ci si sente come persone di minor valore e si prova insoddisfazione nei propri confronti.

Un esempio può essere quello di una persona che vive una relazione affettiva insoddisfacente; nella sua mente immagina una relazione ricca e appagante mentre nella realtà quello che vive è una rapporto scadente e lontano dal suo ideale.
La prima cosa da capire quando sperimentiamo bassa autostima è quindi chiedersi: cosa sto valutando di me stesso? Perché è così importante per me?

Perchè l'autostima è così importante?
L’autostima è solo una componente del nostro benessere psicologico ma funziona come una particolare lente che ingigantisce o miniaturizza le nostre risorse personali.

Chi sperimenta bassa autostima non sentendosi sufficientemente sicuro del proprio valore e delle proprie qualità, evita di scegliere e agire per un eccessivo timore di sbagliare, sperimenta maggior incertezza e difficoltà a staccare dalla situazione problematica per cercare una soluzione e quando vive un insuccesso soffre maggiormente, associando l’accaduto esclusivamente ad una sua mancanza mentre quando sperimenta un successo tende a svalutarlo, sminuirlo.

Cosa bisogna fare per migliorare la propria autostima?
La base da cui partire è quella di considerare che una bassa autostima non è una condizione permanente; ci sono dei momenti e dei periodi particolari in cui la nostra autostima è bassa e altri no. Non è una condizione permanente.

Chi sperimenta bassa autostima infatti vive la sensazione di perdere il controllo dei propri stati d’animo sentendosi spesso mancare le forze e la determinazione per raggiungere i propri obiettivi.

Gli elementi chiave
Per migliorare la propria autostima è importante occuparsi dei seguenti aspetti:
1. Scoprire quali sono i propri valori fondamentali e quindi fare chiarezza con se stessi rispetto quello che si vuole e quello che non si vuole nella propria vita.
2. Riconoscere le proprie emozioni distruttive: imparare a riconoscere ed entrare in contatto con emozioni maggiormente sane e che ci sostengano nei momenti di difficoltà.
3. Lavorare sull’immagine di se: molto spesso ci armiamo di buoni propositi e determinazione (voglio dimagrire, voglio smettere di fumare etc..) ma se prima non modifichiamo l’immagine che abbiamo di noi stessi tenderemo inconsciamente a sabotarci.
E’ importante considerare l’autostima come una spia di allarme; quando cala ci avvisa che stiamo inseguendo desideri altrui trascurando quelli che sono i nostri reali bisogni.
Articolo inviato il 14/11/2007 dal Dott. Manuel Mauri

Agire per modificare la nostra autostima - Dott. Manuel Mauri

Per migliorare la propria autostima ed il proprio benessere psicologico è importante occuparsi dei seguenti aspetti: 1. Scoprire quali sono i propri valori fondamentali e quindi fare chiarezza con se stessi rispetto quello che si vuole e quello che non si vuole nella propria vita. 2. Riconoscere le proprie emozioni distruttive: imparare a riconoscere ed ...continua

Per migliorare la propria autostima ed il proprio benessere psicologico è importante occuparsi dei seguenti aspetti:
1. Scoprire quali sono i propri valori fondamentali e quindi fare chiarezza con se stessi rispetto quello che si vuole e quello che non si vuole nella propria vita.
2. Riconoscere le proprie emozioni distruttive: imparare a riconoscere ed entrare in contatto con emozioni maggiormente sane e che ci sostengano nei momenti di difficoltà.
3. Lavorare sull’immagine di se: molto spesso ci armiamo di buoni propositi e determinazione (voglio dimagrire, voglio smettere di fumare etc..) ma se prima non modifichiamo l’immagine che abbiamo di noi stessi tenderemo inconsciamente a sabotarci.
In questo articolo ci occuperemo dei valori e della loro importanza per migliorare il nostro benessere psicologico e la nostra autostima.

Da dove nascono i nostri valori?
Cos’è importante per me? Perché ho preso questa decisione? Come mai sono in accordo con alcune persone mentre con altre nascono spesso incomprensioni?
I nostri valori sono una bussola interna che seguiamo giorno per giorno e di cui molto spesso non siamo nemmeno consapevoli.
Secondo Lecky gli individui si muovono verso la coerenza del sé cioè cercano di conservare la propria identità attraverso la costruzione di un sistema di valori (credenze) che ci guidi coerentemente nel mondo.
Prova per un istante a pensare a quali cose rivestono maggior importanza per te, è possibile che siano legate da uno stesso valore?

Perché i valori sono importanti?
S.Andreas, uno psicoterapeuta della Gestalt famoso per il suo lavoro con le tecniche della PNL(Programmazione Neuro Linguistica), ha definito l’autostima come”la capacità di agire in conformità con i propri valori”.
Molto spesso infatti quando le persone non hanno chiari quali siano i propri valori, sperimentano la sensazione di frustrazione e delusione di occupare la maggior parte del proprio tempo in attività che davvero non sono importanti per loro, un po’ come essere in viaggio ma senza sapere se ci stiamo muovendo verso la giusta destinazione.
Secondo R.Dilts infatti i valori sono le porte di accesso a quegli stati emotivi che vogliamo provare.
Non è raro sentire persone che per 8 ore al giorno lavorano svogliati e con fatica e poi alla sera o nel week-end si dedicano a qualcosa che li appassiona davvero trasformandosi in persone completamente diverse.
Oppure, persone che non essendo consapevoli dei propri reali valori e di conseguenza non riuscendo a viverli, provano un senso di delusione e vuoto che colmano con comportamenti disfunzionali.
Prova a notare un altro fenomeno interessante, hai mai notato come tendiamo spontaneamente a stare maggior tempo con persone che hanno i nostri medesimi valori e meno con chi ha valori diversi dai nostri?
Vivere seguendo i nostri valori significa agire coerentemente con quello che secondo noi è il senso della vita, cosa è importante per provare una maggiore soddisfazione in quello che facciamo e di conseguenza una maggior sicurezza e sensazione di pace interiore.

Quali sono i nostri valori?
Per capire quali sono i nostri valori basta chiedersi:
”Cosa è importante per me?”
Nel lavoro che facciamo nei gruppi esperienziali e nelle consulenze private solitamente vengono espressi valori molto generali
La cosa più importante per me è la salute
Non potrei mai fare a meno della mia famiglia
La libertà prima di tutto etc..
Se ponessi a te questa domanda che tipo di risposta si potrebbe ottenere?
Quali sono i valori che ritenente importanti per te?

Valori “mezzo” e valori “fine”
Prendiamo ad esempio l’elenco di valori scritto qui sotto:
La cosa più importante è:
l’amore
la famiglia
il lavoro
Questo elenco ci permette di andare oltre e fare un’ultima distinzione importante; il lavoro e la famiglia più che dei valori sono dei mezzi per ottenere gli stati emozionali che vogliamo sperimentare, il fine che in questo caso è l’amore.
Quando ad esempio una persona mi dice: "La cosa più importante è il lavoro(mezzo)" la mia domanda successiva è: "Cosa ti da il lavoro (fine)", le risposte possono essere tranquillità, pace, sicurezza etc..
Questo è il valore per lui importante.
Questa distinzione ci permette di iniziare a prendere consapevolezza degli automatismi che abbiamo costruito per raggiungere e provare certi stati emotivi per noi importanti, la confusione a volte tra mezzi e fine, ed iniziare a distinguere quelli funzionali da quelli disfunzionali, quelli che ci aiutano a vivere con soddisfazione e quelli che dobbiamo abbandonare per stare meglio.

Riassumendo:
1) I valori sono qualcosa di intimo e personale, così come i significati che gli vengono attribuiti.
2) Una seconda caratteristica importante dei valori e quella che solitamente ci associamo spontaneamente a chi condivide i medesimi valori.
3) Possono dipendere dalla cultura di appartenenza, dalla famiglia di origine oppure dipendere dal contesto in cui viviamo ed in generale le persone tendono ad affidarsi a valori immutabili.
Addirittura per una specifica comunità i valori possono delineare l’identità del gruppo stesso.

Articolo inviato il 15/06/2008 dal Dott. Manuel Mauri

Migliorare il rapporto con se stessi e con gli altri: scoprire le proprie regole.
Il mese scorso l’articolo che ho trattato era relativo alla scoperta dei propri valori ed alla loro importanza.
I valori infatti sono una sorta di bussola che ci orienta nel mondo decidendo per noi quali siano le cose importanti di cui occuparci perchè rivestono particolare importanza nella nostra personale scala di valori
Lo scopo dell’esercizio era quello di imparare a riconoscere ed osservare cosa accade quando diventiamo maggiormente consapevoli dei valori per noi importanti, e scegliamo di investire maggiori energie nel perseguire il loro soddisfacimento.

Qual è il tema principale di questo articolo?
In questo articolo tratteremo la parte successiva alla scoperta o "estrazione dei valori" come viene abitualmente descritta.

Perché non basta conoscere i propri valori?
I valori esprimono ciò che una persona ha imparato a considerare importante nella vita.
Ad esempio un persona potrebbe dire le cose più importanti per me sono:

La libertà
La salute
L’amore
La tranquillità

Questo indica gli stati emotivi che la persona desidera sperimentare per poter provare benessere nella sua vita, ma non ci dice in concreto questo accade o cosa debba accadere perché ad esempio la persona senta di essere in salute o libera.

Cosa sono le regole
Le regole sono la fonte del piacere e del dolore che proviamo mentre ci muoviamo verso la soddisfazione dei nostri valori, in altre parole sono gli standard o i “criteri” (R.Dilts, 1987) che abbiamo costruito in noi per sentirci o meno dentro l’emozione che vogliamo provare.
Ad esempio una persona può avere come valore la tranquillità e sentirsi tranquillo quando può staccare per qualche minuto il telefonino e dedicarsi ai propri figli.

Come funzionano le regole?


Le regole hanno una struttura schematizzata in questo modo
SE........................ALLORA

La parte se contiene tutte le nostre regole personali per accedere ad esempio all’emozione tranquillità:
Es.
SE ho 200.000 euro in banca............................ALLORA sono tranquillo
Oppure:
SE mia moglie mi ama.........................................ALLORA è disposta a seguirmi in un'altra città


Questi sono degli esempi di quali regole possono esserci all’interno di valori come amore e tranquillità, ma ognuno di noi ha imparato a costruire dentro di se diverse regole a volte proprie a volte prendendole dal contesto sociale e familiare.

Perché le regole sono importanti?
Un discorso all’apparenza semplicistico come questo è uno stimolo per comprendere cosa è importante per il nostro paziente e magari per aiutarlo a rendersi consapevole di quali regole interne dispone per stare bene.
La maggior parte delle persone si crea regole che molto spesso fanno stare male invece che bene.
Regole esterne
Un esempio di come le persone sperimentano emozioni negative è quando affidano la possibilità di stare bene a persone ad altri.
Spesso le regole possono dipendere da azioni di altri.
“Mi sento amata ogni qual volta che il compagno mi abbraccia” è un esempio che molto spesso, se viene ulteriormente approfondito, è il capostipite di ulteriori regole stabilite dalle persone, dove il controllo dei nostri stati d’animo viene affidato a qualcosa o qualcuno esterno a noi
In altre parole conoscere le proprie ed altrui regole personali è come immaginare di possedere diversi “accessi” agli stati emotivi che vogliamo provare.
Conoscere queste regole può aiutarci a costruire percorsi neurologici di vasta portata che ci portino a provare quegli stati emotivi che vogliamo che conducono al nostro benessere psicologico.


Articolo inviato il 16/07/2008 dal Dott. Manuel Mauri

Articoli tratti dal sito: psicolgi-italia .it
I VISITATORI E LETTORI RINGRAZIANO

giovedì 5 marzo 2009

L'AMMISSIONE DEGLI ERRORI

L'AMMISSIONE DEI PROPRI ERRORI

Traduzione dalla rivista Rays of the Rose Cross, a cura di Olga Faella. Per gentile concessione del sito http://www.rosacroceoggi.org/


Sembra che una delle cose più ostiche e più difficili per il genere umano, sia quella di ammettere di avere sbagliato. Questa difficoltà, è ancor più sentita da coloro che hanno realizzato uno sviluppo spirituale seguendo delle linee prevalentemente occulte, che ha portato il loro intelletto ad essere dominante e tirannico: questo rende loro assai difficile ammettere di essere in errore. Vorremmo notare come questa difficoltà sia stata causa di molti malintesi, rancori e conflitti fra persone, gruppi, associazioni e nazioni.
In genere l'umana riluttanza ad ammettere i propri errori dipende soprattutto da varie specie di timore: paura del castigo, della responsabilità e di apparire ridicolo. Una persona può essere abbastanza intelligente da riconoscere uno sbaglio fatto e sinceramente desiderare di. confessarlo "liberando" in tal modo il proprio animo. Tuttavia, se è soggetta ad una o più persone, le riesce difficile "confessare" questi timori. Spesso preferisce accettare le conseguenze che derivano dall'aver taciuto, che vanno da un senso di colpevolezza riguardante essa sola, fino al danno che può ricadere su altri., piuttosto che affrontare il castigo, la responsabilità o la derisione.
La paura del castigo é spesso retaggio di esperienze infantili. Il bambino che, viene castigato per aver commesso delle malefatte impara presto a non rivelarle. E' un padre prudente e fortunato colui che rimane sereno davanti alle intemperanze minorili, che non manca di lodare il bimbo perché gli ha detto la verità, che riesce a far sì che Il figlio comprenda gli errori della sua vita discutendoli con lui in un'atmosfera di razionalità e di reciproca fiducia (fra parentesi è anche un genitore oculato colui che ammette i propri sbagli invece di conservare inalterata la sua aureola di infallibilità che però non riesce ad ingannare i figli !). Naturalmente il castigo consiste nel voler disciplinare i figli recalcitranti, però non deve essere inferto irosamente ma con spirito di amore
E’ come un’esperienza costruttiva e non come l’applicazione di un dolore fisico, mentale o emozionale in sé. Se è comprensibile la paura del castigo da parte di coloro che durante l'infanzia lo hanno subito in modo esagerato, per un adulto è segno di immaturità emozionale.
La paura del castigo naturalmente può importunare anche una persona ritenuta "'positiva" la quale, per errore di concetto o per ignoranza, ha commesso inconsapevolmente una infrazione alla legge o al regolamento. Però "non è una scusa l'ignorare una legge" e sebbene noi, si agisca in una società sovraccarica di norme riguardanti molti settori di attività, dobbiamo imparare ad accettare anche questa situazione come un'esperienza istruttiva. Se talvolta ci troviamo in un simile dilemma creato per trascuratezza, diverremo più cauti in avvenire. E' possibile che se confessiamo apertamente il problema, ci sarà concessa indulgenza e il castigo sarà più mite o forse eliminato del tutto.
Anche nel caso che non sia eliminato è assai meglio per iI nostro progresso ammettere il nostro errore e lasciare che la procella cada sulle nostre spalle. Nulla arriva senza una ragione ed è più agevole subire immediatamente le amare conseguenze di uno sbaglio onoratamente riconosciuto che passarlo sotto silenzio, per dover poi soffrire in modo più intenso. Ogni errore dev'essere rettificato; a suo tempo questo avverrà e quindi non dobbiamo pensare che non parlandone più ne elimineremo le conseguenze.
Nel medesimo contesto dobbiamo considerare le conseguenti responsabilità che ci incombono. Se facciamo qualcosa di sbagliato, anche se di lieve entità, se ci rendiamo conto in tempo della cosa,è nostro dovere di sforzarci. di ripristinarla non appena possibile. Siccome non sappiamo mai quanto siano trascendenti anche le nostre più lievi azioni, è nostra responsabilità rettificare al meglio delle nostre possibilità, ogni nostro errore di parola o di azione.
Il senso di responsabilità è un'appendice dell’evoluzione; se rifiutiamo di accettarlo non andremo molto avanti nel nostro cammino evolutivo. Naturalmente non è sempre facile far fronte alle nostre responsabilità, particolarmente se esse implicano l'annullamento di qualcosa che abbiamo fatto o il ritrattamento di osservazioni fatte; tuttavia, come in tutti gli sforzi utili se ci ripromettiamo di adempiere le nostre responsabilità ci sarà più agevole farlo per sempre.
Come lo studioso di occultismo sa, non ci saranno dati maggiori compiti e maggiori responsabilità se non adempiamo i nostri obblighi pertinenti al piano fisico. Dobbiamo solo considerare quanti errori di giudizio e di interpretazione avvengono nel mondo materiale nel quale viviamo per renderci probabilmente conto di quanto siano incerti i nostri primi sforzi coscienti nei mondi spirituali a noi poco conosciuti. Anche allora saremo responsabili delle nostre azioni e dovremo accettare le conseguenze dei nostri errori. Come possiamo sperare di vivervi in piena consapevolezza se non sappiamo farlo quaggiù? .
Il timore di apparire ridicoli è forse la causa più frequente che ci inibisce di ammettere di avere sbagliato. .E’ anche vero che non è scusabile che i nostri simili si burlino dei nostri sbagli; gli individui più altamente evoluti che hanno acquisito un illuminato senso di simpatia e di compassione non si beffano di simili cose. Solo coloro che sono ancora rozzi, ignoranti e tronfi si beffano degli errori del prossimo. Se ricorderemo questo saremo capaci di vincere questo dannoso timore del pericolo che si impossessa di noi.
Perché inquietarci se qualcuno la cui sensibilità umana non si è ancora abbastanza raffinata, prova piacere nel disprezzarci semplicemente perché abbiamo commesso un errore ? Se fosse sottoposto al medesimo trattamento avrebbe molto da imparare e probabilmente dovrà fare il proprio tirocinio duramente e allora più che il nostro risentimento, merita la nostra compassione.
A questo riguardo pensiamo alla benevola considerazione offertaci da compassionevoli e comprensivi individui. Se nel particolare frangente che ci coinvolge ci imbatteremo in simili individui, può consolarci il pensiero che coloro che ci ingiuriano in realtà stanno danneggiando se stessi.Il loro scherno può pregiudicarci solo se noi lo permettiamo e questo avviene quando ci asteniamo dal confessare i nostri falli perché ne temiamo le conseguenze.
Come sappiamo, l'orgoglio intellettuale è uno dei peccati più diffusi e da molto tempo attribuiti all'umanità dai Fratelli Maggiori. Fino a quando permettiamo all'orgoglio di pervadere ogni nostra azione e di impedirci di riconoscere i nostri errori sotto un presunto senso di "perfezione" ci chiudiamo in una prigione da noi auto creataci. Se ci lasciamo impossessare in modo saliente dall'orgoglio intellettuale, col tempo diverremo incapaci di riconoscere i nostri sbagli.
Se non sappiamo riconoscere i nostri errori non possiamo correggerli; se non possiamo correggerli non potremo crescere animicamente. Gradualmente ci isoliamo dal prossimo,il quale, a giusta ragione, si risente per la nostra "presunzione orgogliosa." Se più presto ci proponiamo di essere franchi e di riconoscere i nostri torti, più in fretta vinceremo il nostro orgoglio intellettuale e ci libereremo di uno dei più ingannevoli difetti ai quali lo studioso di occultismo é esposto.
L'affermazione "ho sbagliato" apertamente espressa, in genere dimostra che colui che la pronuncia possiede un certo grado di onestà, di forza, di umiltà e fiducia in sé. E' onesto e sincero nell'ammetterlo, coraggioso nel proclamarlo,malgrado le conseguenze che ne possono derivare, umile nell' ammettere che deve ancora imparare molte cose e abbastanza fiducioso in se stesso nel riconoscere i propri falli come una lezione che, lungi dall'essere degradante, in realtà si dimostra illuminatrice. Da allora diventa più prudente nelle sue azioni e impara qualcosa che non gli sarà facile dimenticare. Se è un Ego progredito non si rattrista né si incollerisce dei propri errori lamentando indubbiamente il danno arrecato agli altri, lieto di aver scoperto il proprio fallo e di imparare suo tramite.
I nostri errori sono spesso i nostri migliori maestri e l'essere capaci di ammetterli senza vergognarsi non é la minore delle lezioni che lo confermano. Mostriamoci grati per le occasioni che ci vengono date di imparare attraverso i nostri sbagli. Non dobbiamo temere di ammetterli sinceramente e doverosamente, e dovremo fare tutto il possibile per correggerli. E' proprio in questo modo che potremo progredire sul sentiero spirituale.

mercoledì 4 marzo 2009

DI NUOVO SINGLE


RICOMINCIA LA MIA VITA DA SINGLE, DOPO QUALCHE MESE PASSATO CON UNA PERSONA DIREI ALQUANTO ABBERRANTE.
DEVO DIRE CHE NON SI FINISCE MAI D'IMPARARE E , AD ALCUNI SEMBRERà POCO CAVALLERESCO IN QUALCHE MODO DEFINIRLA CON UN AGGETTIVO POCO GALANTE......EBBENE CREDETEMI, NON HO MAI CONOSCIUTO NESSUO CHE IMPOSTASSE LA PROPRIA VITA COSTRUENDO CON ARTIFIZI, RAGGIRI E QUANT'ALTRO DI PIù MESCHINO, BUGIE E SITUAZIONI CHE SOLO UNA PERSONA INNAMORATA PUò CECAMENTE TOLLERARE.
COME PERò SEMPRE SUCCEDE LE BUGIE HANNO LE GAMBE CORTE.
UNA STORIA INCREDIBILE, PENSI CHE A TE NON CAPITERà MAI, LO DICEVO ANCH'IO...ORA, SE NON AVESSI ILO MIO MOSAICO COSTITUITO DA TANTI PICCOLI FRAMMENTI DOVREI TREMARE PUR SAPENDO DI NON DOVER TEMERE NULLA.

LA STORIA CHE HO VISSUTO IO HA DELL'INCREDIBILE, IO SONO UN UOMO DI ALTRI TEMPI PER ME LEALTà, FEDELTA, ONORE,RISPETTO, OMERTà,ONESTà SONO UNO STILE DI VITA A TUTTI GLI EFFETTI, PER ALTRI PROBABILMENTE SONO SOLO PAROLE.
ORA MI DEDICHERò SOLO AL MIO LAVORO, VORREI ALLONTANARMI DALLA ZONA OVE ABITO E RICOSTRUIRE UNA VITA IN UN LUOGO SUFFICIENTEMENTE LONTANO DA TRISTI RICORDI, NON PREOCCUPATEVI: "BARCOLLO MA NON MOLLO".
NON HO PIù NESSUNO, SOLO UN AMORE PER MIA MADRE CHE SENTO PIù CHE ALTRO COME UN DOVERE,SORRIDO AGLI ANIMALI E AGLI ANZIANI, MI SI RIEMPE IL CUORE DI GIOIA QUANDO VEDO UNA COPPIETTA, UNA FAMIGLIA CON FIGLI...FELICI.GIà, VIVO DEI BEI MOMENTI DEGLI ALTRI PERCHè POSSO COGLIERNE SOLO LA BELLEZZA E RIMANERE ASETTICO DAGLI EVENTI NEGATIVI.
HO UN ASPETTO ESTERIORE CHE ,PER CHI NON MI CONOSCE, è ABBASTANZA FORVIANTE...SONO UN GUERRIERO SI CERTO, MA PRONTO A FARE E RICEVERE COCCOLE...SONO PIENO DI DIFETTI, MA NESSUNO CHE POSSA NUOCERE A QUALCUN ALTRO.
LO SO, QUESTO POST è ABBASTANZA MALINCONICO, MA I MIEI BLOG SPERO SIA RIUSCITO A SPIEGARE, NON MI SERVONO PER SEMBRARE IL SAPUTO DELLA SITUAZIONE, MA PER COMUNICARE,APPRNDERE,INSEGNARE E SOPRA A TUTTO CRESCERE E COSTRUIRE UN PICCOLO NOSTRO SPAZO DI ATOMI MIGLIORE.

BUON AMORE A TUTTI E RICORDATEVI SEMPRE : SONO LE STRADE DIFFICILI CHE PORTANO AI RISULTATI MIGLIORI.SIATE SEMPRE LEALI E FEDELI.COL TEMPO PAGA

CLICCA E ASCOLTA:

http://www.imeem.com//dialogs/onthegoplaylist.aspx?key=R-96LLNqoK

sabato 28 febbraio 2009

COMUNICARE...E SAPERLO FARE.

Comunicare in modo efficace e consapevole è un traguardo importante, un elemento imprescindibile per poter costruire un rapporto interpersonale equilibrato, all'interno della coppia o del rapporto genitori figli o ancora nell'ambito di tutte le relazioni del nostro piccolo microcosmo.
La nostra comunicazione inizia sin dal primo mattino, quando mentalmente facciamo il punto della situazione o elaboriamo mentalmente la nostra giornata. Nell'arco della giornata ci troveremo poi ad affrontare numerosi altri colloqui che tuttavia spesso sono impostati sulla base di presupposti o moduli di comunicazione errati. Siamo infatti consapevoli che non solo le parole, ma anche gli atteggiamenti corporei sono uno strumento di comunicazione, così come pure i silenzi e le parole non dette?
Spesso nella nostra comunicazione partiamo dal presupposto che gli altri devono capire che noi siamo fatti così e così devono accettarci. Frasi come "Io sono fatto così " o anche "o mi accetti così, oppure..." sono dei ricatti e non stimoli alla comunicazione e alla crescita del rapporto. Impariamo quindi dapprima a comunicare con noi stessi, a chiarire innanzitutto cosa desideriamo comunicare agli altri e che tipo di rapporto vogliamo instaurare. Se infatti la sfiducia e l'incertezza domina nel nostro io anche la comunicazione con gli altri non farà che confermare il nostro stato d'animo e provocare il progressivo allontanamento di chi ci sta a fianco.
Per questo i gruppi di auto aiuto si configurano come ambito relazionale protetto, all'interno del quale l'unica regola della comunicazione deve essere l'obbligo di non giudicare e di imparare ad ascoltare gli altri. Il confronto, la possibilità di comunicare e relazionarsi in un gruppo è un ottimo strumento per costruire la fiducia in se stessi e per imparare a verificare l'efficacia e la consapevolezza della comunicazione.

lunedì 23 febbraio 2009

IL GUSTO

Il gusto è uno dei cinque sensi i cui recettori sono costituiti dai calici gustativi presenti nelle papille gustative della lingua, nel palato molle, nella faringe, nelle guance e nell'epiglottide.
Il gusto è anche il presupposto dell'eleganza, poiché consiste sia nell'attitudine innata a discernere pregi e difetti estetici, sia nel particolare senso del bello che può essere acquisito e raffinato attraverso l'educazione e la consuetudine con la bellezza: formarsi, educare il gusto.
Anatomia
A livello anatomico, nell'uomo, sono presenti tre differenti tipi di papille gustative, che contengono, nei bottoni gustativi, le cellule specializzate nella ricezione delle molecole gustative. Queste papille presentano una disposizione elettiva, difatti nel terzo anteriore della lingua si trovano le papille fungiformi, la cui parte centrale sporge slargandosi; nel terzo posteriore sono presenti le papille circumvallate, al davanti del solco terminale della lingua e, poste lateralmente, sono presenti le papille fogliate.Ogni tipologia di papilla contiene dei bottoni gustativi dove sono localizzate le cellule recettoriali.

Il bottone gustativo
Ha una forma grossomodo sferica con all'apice un'apertura che prende il nome di poro gustativo da cui protrudono i microvilli delle cellule gustative. Alla base si trovano connessioni sinaptiche chimiche con le fibre sensitive afferenti.In ognuno di questi è possibile identificare quattro tipologie cellulari: le cellule chiare, scure, intermedie e le cellule basali.
Le cellule basali sono cellule staminali che prendono parte al rapido turnover delle cellule del bottone gustativo, mentre le altre tipologie cellulari si pensa siano tre diversi stati di sviluppo della cellula gustativa. Altri autori credono siano elementi appartenenti a linee cellulari diverse. In ogni bottone si trovano dalle 50 alle 150 cellule che sono neuroni bipolari.

Fisiologia
Il sistema gustativo è capace di distinguere cinque sapori fondamentali: dolce, amaro, salato, aspro e umami.
Ognuno di queste tipologie sottostà ad una particolare via di trasduzione del segnale che schematicamente può essere riportata a due tipologie principali: recettori legati a proteine G o attraverso canali ionici di membrana.
Dalla stimolazione della cellula si ottiene un potenziale di recettore che stimola l'ingresso di ioni Calcio nella cellula determinando la liberazione di neurotrasmettitori a livello basale e la genesi di un potenziale d'azione nelle fibre afferenti.
Per il salato la via di trasduzione corrisponde all'ingresso di sodio in canali del sodio sensibili all'amiloride. Questo provoca depolarizzazione della cellula che scarica.
Nell'aspro ci sono invece due vie possibili: un primo meccanismo consiste nel blocco di canali ionici apicali del potassio da parte di ioni idrogeno con conseguente depolarizzazione (normalmente il potassio dovrebbe uscire attraverso quest'ultimi per via del gradiente creato dalla sodio-potassio ATPasi). L'altro meccanismo potrebbe essere il blocco da parte degli ioni idrogeno di canali, sempre apicali, del sodio.
Il gusto amaro viene trasdotto secondo almeno tre vie possibili. Nella prima, sostanze come la chinina determinano blocco dei canali apicali del potassio. Un secondo meccanismo sembra essere legato ad un particolare proteina G detta Gustducina, la quale attiva una fosfodiesterasi che fa diminuire le concentrazioni intracellulari di cAMP e cGMP. Il terzo consiste sempre nell'attivazione di una proteina G la quale attiva una fosfolipasi C che fa aumentare la concentrazione di IP3 che determina liberazione di ioni calcio dai depositi intracellulari depolarizzando la cellula.
Il gusto del dolce, infine, ha due meccanismi tutti dipendenti dall'attivazione di proteine G. Nel primo abbiamo una situazione analoga al gusto amaro: si ha aumento della concentrazione di IP3 con ciò che ne consegue. Nel secondo meccanismo, la proteina G attiva l'adenilato ciclasi, facendo aumentare il cAMP. Questo a sua volta determina la fosforilazione di canali al potassio apicali con depolarizzazione cellulare.

Conduzione del segnale ai centri superiori
Si è visto che le fibre afferenti, cioè i neuroni che connettono le cellule recettoriali ai nuclei centrali, sono differentemente sensibili alle varie tipologie di stimoli, cosicché ogni fibra afferente risponde in modo ottimale ad un dato stimolo (per esempio: dolce) ma può essere eccitata anche da altri, seppur con una soglia maggiore. Questa è una caratteristica tipica dei vari sistemi sensoriali. Da qui si capisce che ogni fibra afferente riceve informazioni da vari calici gustativi e che le varie informazioni sono convogliate ai centri superiori dove i neuroni centrali, confrontando le varie stimolazioni, decifrano la sensazione.Gli stimoli provenienti dai recettori sono portati tramite la chorda timpani (VII), il glossofaringeo (IX) ed il vago (X) al bulbo, nel nucleo del tratto solitario. Da qui sono veicolati al talamo, al nucleo ventrale posteromediale, quindi alla corteccia gustativa.

Come percepiamo i sapori
Le papille vivono solo una decina di giorni, quindi sono soggette a un continuo ricambio. Il loro compito è quello di analizzare la natura delle varie sostanze presenti nel cibo dopo che sono state disciolte nella saliva. Il contatto con differenti sostanze genera impulsi differenti che raggiungono il cervello, dove vengono percepiti e riconosciuti i sapori. La nostra sensibilità gustativa ci permette di percepire: dolce, amaro, acido, umami e salato. A ognuno di questi sapori corrisponde un'area specializzata sulla lingua

Sapori e Odori
La sensazioni gustative e olfattive si integrano tra loro per fornirci informazioni. Per esempio se sorseggiamo una bevanda ne avvertiamo sia il sapore, sia l'odore, entrambi importanti per apprezzarne la qualità.

venerdì 20 febbraio 2009

IL COMPLESSO DI EDIPO

Complesso di Edipo

Il complesso di Edipo è un concetto sviluppato da Sigmund Freud, che ispirò Carl Gustav Jung (fu lui a descrivere il concetto e a coniare il termine "Complesso"), per spiegare la maturazione del bambino maschio attraverso l'identificazione con il padre e il desiderio nei confronti della madre.
Si basa sul mito greco di Edipo, che uccide suo padre, Laio, e sposa sua madre Giocasta.
Nella concezione classica freudiana, il complesso edipico indica un insieme di desideri sessuali ambivalenti che il bambino prova nei confronti delle figure genitoriali. Relativamente alle fasi dello sviluppo psicosessuale, insorge durante la fase fallica (3 anni) e il suo superamento introduce al periodo di latenza (5 anni).
Si tratta di un atteggiamento ambivalente di desiderio di morte e sostituzione nei confronti del genitore dello stesso sesso e di desiderio di possesso esclusivo nei confronti del genitore di sesso opposto. Questi sentimenti sono non solo ambivalenti ma anche vissuti negativamente (in maniera opposta), cioè i ruoli dei due genitori (amato e odiato) si scambiano alternandosi.
L'impostazione di tale problematica ha determinato, fin dagli albori del movimento psicoanalitico, il dissidio Freud-Jung e poi la scissione degli psicoanalisti di orientamento junghiano dall'Associazione Internazionale di Psicoanalisi.
In realtà, anche in relazione all'approfondimento del mito greco, la questione edipica mostra una natura complessa: secondo il mito, infatti, Edipo non conosceva i suoi veri genitori, essendo stato a questi sottratto ancora infante. L'uccisione del padre e il rapporto con la madre sono stati perciò involontari e causati, paradossalmente, dal loro desiderio di sfuggire al destino così come lo avevano sentito annunciare dall'oracolo. Si potrebbe parlare, in questo senso, piuttosto di complesso, o sindrome, di Laio e/o di Giocasta(i genitori di Edipo), il che riconduce alcune scuole psicologiche ad esplicitare le questioni psicodinamiche di carenza, gelosia e invidia affettive da parte delle figure genitoriali o accudenti (caregivers); in questo senso il complesso Edipo sarebbe nient'altro che un modo per invertire le reali responsabilità delle dinamiche inconsce nelle relazioni intra-familiari.
Nella psicanalisi di Lacan, l'Edipo diventa piuttosto la vicenda dell accesso all'ordine linguistico del discorso che permette di godere del piacere derivante dal sentirsi appartenenti alla socialità umana, sganciandosi dal tema del piacere sessuale in senso stretto, ovvero della sessualità del bambino. Nella loro opera L'Anti-Edipo - capitalismo e schizofrenia, del 1972, il filosofo francese Gilles Deleuze e lo psicanalista Felix Guattarì hanno proposto una severa critica della concezione freudiana del desiderio, concepito come mancanza anziché come produzione sociale. In questa ottica, il complesso di Edipo è considerato una elaborazione interpretativa propria della psicoanalisi, utile per costringere la sessualità del bambino entro il tessuto di relazione proprio della famiglia autoritaria borghese e tradizionale, schizofrenizzando, attraverso l'ambivalenza edipica, il desiderio originariamente univoco e affermativo del bambino, che investe tutto il campo storico-sociale e non esclusivamente il padre e la madre. Una critica diversa allo sviluppo dell'emulazione filiale rispetto ai valori dei suoi genitori, definiti come "Senex"(adulti, vecchi), proviene dalla psicologia architipica o archetipale di James Hillman, il quale difende il ruolo e la condizione del "Puer"'(fanciullo) ("aeternus") rispetto alla visione corrente secondo la quale il perdurare di questo presunto infantilismo dall'opinione comune che si tratti d'una psicopatologica incapacità adolescenziale di svezzarsi, definita Sindrome di Peter Pan o de "Il piccolo principe" . Per Hillman, invece, è vero l'esatto contrario: il Puer designerebbe addirittura la categoria della coscienza rivoluzionaria

TRATTO DA wikipedia

martedì 17 febbraio 2009

PSICOTERAPIA,CONOSCERE SE STESSI

PSICOTERAPIA
Conoscere se stessiScheda di autovalutazionedi Emanuele Passanante
CONOSCERE SE STESSI(Valutazione soggettiva delle varie voci:una scala da 1 a 10 può dare un quadro orientativo della propria salute,per la prevenzione e la cura di sé).GUIDA a CONOSCERE SE STESSI Questo schema-guida aiuta ad approfondire la conoscenza di se stessi attraverso un percorso che va dall'aspetto fisico a quello psicologico e a quello sociale È un quadro orientativo della propria salute, per la prevenzione e la cura di sé.Che significa conoscersi?Sul tempio di Apollo, a Delfo, c'era scritto «conosci te stesso». Sono passati i secoli, ma l'essere umano è così complesso che molto rimane ancora da scoprire. Se vogliamo conoscerci meglio, se vogliamo migliorare il nostro modo di vivere, lo stile di vita e modificare i comportamenti, dobbiamo prendere coscienza di noi stessi seguendo alcuni parametri di riferimento. Senza una guida orientativa è infatti difficile avere di se stessi un'idea che rispecchi la complessità dell'essere, del microcosmo umano. Quando vogliamo farci conoscere da qualcuno, parlando di noi, senza riflettere, tendiamo ad evidenziare una caratteristica psicologica, un tratto della personalità( ad es. sono un tipo ansioso, timido, tranquillo, aggressivo, aperto e socievole con gli altri). Ma se l'aspetto psicologico può bastare per iniziare una reciproca conoscenza, un percorso di orientamento e sensibilizzazione deve comprendere sia il corpo che la mente, cioè l'aspetto fisico, quello psicologico e quello sociale. Scrivi tutto quello che ti viene in mente su te stesso e poi passa all' aspetto fisico e avrai un confronto tra ciò che sai e ciò che dovresti sapere su di te e sul rapporto col tuo corpo, per migliorare la «qualità della vita».

IO COME SONO FISICAMENTE PSICOLOGICAMENTE SOCIALMENTE

- A LIVELLO FISICO
Descrizione fisica: - tratti somatici - altezza - peso -- somiglianze o differenze ereditarie - accettazione - rifiuto della propria conformazione fisica-eventuali difficoltà
Rapporto con il proprio corpo: la cura di sé- quanto tempo dedico al mattino all'igiene e all'estetica -- attività fisica - a casa, in palestra, all'aperto -- una volta al giorno, alla settimana, al mattino, alla sera..
Rapporto con il cibo:abitudini alimentari - alimentazione nei tre pasti principali,alimentazione fuori dai pasti, semplicemente passiva o attiva - esperienze culinarie - quantità e varietà autonomia o dipendenza dal cibo,cibo come scelta compensatoria e fuga dalle frustrazioni -problemi psicologici; eventuali difficoltà col cibo,dieta (quando, quanto e come;sotto controllo medico,in base a convinzioni soggettive,criteri e motivazione della scelta)
Rapporto con il sonno:quante ore in media di completo riposo -difficoltà ad addormentarsi - o svegliarsi -interruzioni e difficoltà a riprendere sonno(di solito in questo caso..come mi comporto...) -sonno regolare o inquieto (sogni, incubi, insonnia)
Rapporto con il proprio sesso Come vivo la mia sessualitàSe potessi rinascere, preferirei ...lo stesso sesso----,cambierei----, incerto----...atteggiamento verso la sessualità -facilità o meno ad intraprendere rapporti con l'altro sesso,altre tendenze sessuali (accettazione, rifiuto, disapprovazione ),dall'autoerotismo all'eteroerotismoEconomia delle risorse fisiche e psichiche:il rapporto - energie impiegate - rendimento in tutti i campi è ottimale---...,accettabile---, deludente---Sono contento, soddisfatto dei risultati del mio lavoro,delle mie iniziative ed esperienze,dei miei progetti---...Quanto valuto lo stato di salute?:Rispetto ad eventuali problemi di salute, qual è l'atteggiamento ?- mi preoccupo più del necessario---- tendo alla sopravvalutazione---... - valuto obbiettivamente---... tendo a considerare tutti gli aspetti(positivi e negativi)---...- tendo a sottovalutare---...- non mi preoccupo Rapporto con i farmaci- tendo ad abusarne - rifiuto inconscio di qualsiasi medicina- uso equilibrato*Inoltre tendo a essere dipendente da:cibo, fumo, alcol, sostanze stupefacenti, Tv, gioco...videogiochi)Rapporto col divertimentoGiochi, hobbies, passatempi- manualità e creatività-
A LIVELLO PSICOLOGICOChe significa conoscersi a livello psicologico? Significa scoprire ed evidenziare una serie di aspetti della personalità, del carattere, del temperamento, che dipendono da un insieme di fattori e variabili:I fattori, che contribuiscono a (farci essere come siamo)....... dipendono da noi e dall'ambiente, intendendo per ambiente, sia quello fisico, naturale che quello umano e sociale.
La personalità può essere definita come un insieme strutturato di fatti e di qualità comportamentali definibili però unitariamente. Il vivere quotidiano di ciascuno di noi dipende dalla personalità, nella quale confluiscono, aspetti genetici, ambiente, educazione e quindi variabili, caratteristiche personali e variabili ambientali e sociale, tradizioni, usi e costumi... Autofiducia, autostima. autonomia, autovalutazione, indipendenza, autostima, autocontrollo, autoaffermatività (assertività), aggressività, passività, emotività.Carattere ottimista, pessimista, altruista, egoista, espansivo, esuberante, estroverso, introverso, stabile, instabile (neurolabilità), impulsivo, timido, insicuro, ansioso, riservato, fiducioso, sospettoso, pragmatico, sognatore, equilibrato, sensibile, brillante, fantasioso, apprensivo, teso, dinamico, conformista, anticonformista.
Temperamento atteggiamento realistico verso la vita, equilibrio, stabilità, senso di sé esteso fino ad a coinvolgere gli altri.
Il soggetto emotivamente maturoteme di ammettere di aver sbagliato e mette in atto le strategie più efficaci per modificare il proprio comportamento.I sedici fattori della personalità secondo Catteldesiderio di successo e di affermazione, deferenza, rispetto dell'autorità, ordine, puntiglio, estroversione sociale, senso dell'armonia, solidarietà, tendenza introspettiva, sensibilità, dipendenza, sottomissione, desiderio di prevalere, senso di colpa, altruismo, pietismo, volontà di cambiare, viaggiare, costanza, tenacia, aggressività.
A LIVELLO SOCIALE
conoscere gli altri. accettazione degli altri per star bene con tuttiLa comunicazione, in famiglia, nell'ambiente di lavoroLe difficoltà di comunicazione, la paura di parlare in pubblico e le altre paure


Emanuele e Daniele Passante

lunedì 16 febbraio 2009

SINCERITà IN AMORE

Un proverbio dice che le bugie hanno le gambe corte, ed è vero. Prima o poi scoprirà tutte le bugie che le avete detto.E poi le donne sono molto smaliziate nel settore, sono abituate a sentire dire in continuazione fesserie dagli uomini.Perciò, non credete che siano così ingenue, non le riempite di bugie, non faticheranno molto a scoprire che siete dei buffoni.Se proprio ci tenete a dire qualche bugia, per non essere scoperti dovete farlo soltanto pochissime volte e solo se lei non ha la possibilità di controllare. E' come nel furto, chi va a rubare sempre, prima o poi farà qualche errore e sarà preso.Se invece fa pochi colpi e buoni, ha molte possibilità di non essere scoperto.Ricordatevi che il mondo è piccolo, non ci vuole niente che incontri qualcuno che vi conosce e gli chieda delle informazioni su di voi. Meglio non dire tante bugie, al massimo potete tacerle delle cose sul vostro passato, ma non imbrogliatela su questioni importanti, se lo scoprirà, farete una brutta fine. La sincerità è una delle doti che le donne apprezzano di più negli uomini.Non ostentate, perciò, una ricchezza che non avete. Non ditele di avere ville di qua e di là, yacht al mare o scoprirà che il vostro yacht è una piccola barca di 2 metri e che le vostre ville sono dei vostri parenti che vi ospitano per puro favore.Se lei sa il lavoro che fate ed è furba, vi conterà persino gli spiccioli che avete in tasca.Quindi.... meditate gente... meditate...

sabato 14 febbraio 2009

AMORE E TRADIMENTO

il tradimento, perchè si tradisce la persona amata?
Il tradimento tra persone unite da un legame d'amore è considerato da sempre un comportamento riprovevole, tuttavia si tratta di un fenomeno molto diffuso e trasversale; non condizionato da: cultura, etnia e ceto sociale.La pratica del tradimento non è solo degli ultimi anni, negli anni '40 "Kinsey" nel suo noto "Rapporto sul comportamento sessuale degli americani" ha evidenziato che almeno il 50% dei mariti aveva cominciato una relazione extraconiugale prima dei 40 anni e che oltre il 25% delle donne tradiva il proprio marito.
Che cosa è il tradimento? Esistono più tipologie di tradimento?La prima considerazione deve evidenziare la natura umana. Dal punto di vista della attrazione naturale tra i sessi, l'animale uomo non è monogamo ma poligamo. La natura "accende" i nostri sensi quando la complementarietà tra appartenenti a sessi opposti nella specie umana potrebbe garantire un ottimo stato di salute per il prodotto di una eventuale unione sessuale. In altre parole, siamo attratti da chi ci piace particolarmente, indipendentemente da regole e costumi (il colpo di fulmine). Questo fenomeno naturale avviene indipendentemente dal fatto che un essere umano sia legato sentimentalmente con un patto d'amore ad un altro (unione, convivenza, matrimonio). La nostra volontà può disciplinare il comportamento, ma non ha alcun potere nei confronti della nostra natura, condizionata da millenni di adattamento all'ambiente. Rinnegare la nostra animalità significa rinnegare secoli, millenni di evoluzione, avvenuti con non pochi sforzi (Desmond Morris - L'animale Uomo).Dopo questa sintetica considerazione, possiamo affermare che non si tradisce con il pensiero. Non si tradisce con le intenzioni, non si tradisce con le emozioni. Sentire pulsioni umane non può in nessuna sede essere considerato tradimento, diversamente saremmo tutti traditori, animali poligami e non monogami. Per fortuna la base di un rapporto sincero e leale dal quale può nascere e cresce la famiglia possiede radici profonde. Per rispondere alla domanda: Che cosa è il tradimento? - La risposta risiede nei principi e nelle convinzioni individuali, il tradimento non è uguale per tutti. Le donne degli eschimesi si uniscono con l'ospite e questo comportamento sessuale non è considerato un tradimento. La nostra cultura aborra questa manifestazione di ospitalità, giudicandola scandalosa e immorale. Emerge che il vero tradimento in un rapporto di coppia è rappresentato dall'inganno, figlio della paura. Non raccontarsi, non aprirsi, recitare un ruolo, indossare una maschera sono tutti elementi che tradiscono la personal amata. La sincera, serena e leale esposizione dei propri valori, della propria morale e del proprio punto di vista è la grande dimostrazione di amore. L'antitradimento potrebbe comunicare: "Ti amo e non ti temo, se anche tu mi ami, sicuramente desideri conoscermi fino in fondo. Desidero che la tua scelta sia incondizionata e ti offro l'opportunità di scegliermi se ti piaccio veramente".
Il vero tradimento mette in pericolo il progetto di vita insieme, con tutte le conseguenze.
Essere rigidi e non elastici; egoisti, ottusi e non empatici; bugiardi e non sinceri; repressivi, punitivi e non autorevoli; sono gli ingredienti che tendono ad amplificare i possibili effetti delle naturali pulsioni umane e preparare il terreno fertile per il tradimento, nella sua forma più bieca e distruttiva.
In un autentico rapporto d'amore non possiamo negare al nostro partner il diritto di dissentire dalle nostre convinzioni e di arrabbiarsi. Sfortunatamente, in alcune coppie uno dei due nega all'altro il diritto di arrabbiarsi e di esprimere liberamente le proprie opinioni, perchè interpreta l'umana e possibile espressione di collera conseguente ad una discussione animata su tematiche delicate, come una sfida alla sua autorità. Le sue convinzioni profonde, il suo super io normativo non transige: "è come la penso io e basta, non se ne parla più". Bisogna ricordare che non è raro avere idee confuse sull'amore, per via dei precetti morali assimilati da bambini sull'amore verso i genitori o il prossimo.

Introdurre potere e autorità in un rapporto d'amore equivale a tradirlo.
Quando l'autorità di uno penetra nel rapporto di coppia, il naturale impulso ad aprirsi con la persona amata si congela, anche se l'amore per raggelarsi richiede ripetute delusioni. Se per tradimento intendiamo unicamente l'effetto di una insufficiente comunicazione tra persone unite da un patto d'amore (matrimonio, convivenza o semplicemente stare insieme stabilmente), traducibile nel comportamento intimo con una terza persona, dovremmo sforzarci di capire la possibile antica genesi.I bambini hanno due oggetti d'amore: la madre e il padre. Con loro conoscono la felicità che si prova in un rapporto circolare (amare e essere amati). Per i bambini che hanno subito violenze e comportamenti inadeguati da parte dei genitori, la gioia dell'adolescenza viene barbaramente compromessa. In questo caso, anche se la realtà dell'amore è smarrita, se ne conserva il sogno, diversamente la vita sarebbe senza colori e vuota. E' la speranza della beatitudine ritrovata che dà senso alla vita. Quando incontriamo una persona che ci ricorda concretamente la persona amata e perduta dell'infanzia, è come se si compiesse un miracolo. Se questo rapporto sfocia in una unione stabile e ci accorgiamo di una differenza significativa tra desiderio e realtà, il paradiso che sembrava reale si trasforma in una illusione, un crudele inganno del destino. Perchè a questo punto si tradisce? Per tentare di ritrovare il paradiso perduto.

Tratto da: http://www.mediazionefamiliaremilano.it/consulenza_familiare/il_tradimento.shtml

AMORE : CHE BUFALA!

"Il prototipo di ogni relazione amorosa è il succhiare del bambino al seno della madre da parte del bambino La scoperta dell'oggetto d'amore è infatti un ritrovare".
Sigmund Freud da "Tre saggi sulla teoria sessuale" (1905)


OGNI VOLTA CHE CI INNAMORIAMO, IN REALTà ANDIAMO ALLA RICERCA DI QUEL PIACERE PROVATO FIN DA BAMBINI;IN FONDO L'UNICO VERO EPISODIO DI VITA DOVE POSSIAMO VERAMENTE DIRE DI ESSERCI VERAMENTE SENTITI AMATI.
ECCO PERCHè ANDIAMO SEMPRE ALLA RICERCA DI UN RAPPORTO SANO, PULITO, PRIVO DI MALIGNITà E ASETTICO DAGLI EVENTI DELLA VITA.
SE A QUASI 36 ANNI SONO ANCORA SOLO, ERRORI DI VITA A PARTE, è PERCHè DOPO DECINE DI ESPERIENZE DALLE Pù BREVI ALLE PIù LUNGHE,HO RAGGIUNTO LA CONCLUSIONE CHE IL RAPPORTO PERFETTO NON ESISTE E CHE IN REALTà UNA STORIA GIUSTA LA SI CREA SOLO DOPO UNA LUNGA SERIE DI COMPROMESSI.
BISOGNA DUNQUE AMMETTERE CHE L'UNICO MODO DI SOPRAVVIVERE AL RAPPORTO, è QUELLO DI ACCETTARE LO STATUS QUO E GODERSI SOLO IL PRESENTE LASCIANDO, PERCHè NO, SPAZIO ALLA FANTASIA DI UN LUNGO E DURATURO FUTURO, MA COGLIENDO I FRUTTI SOLO DEL PRESENTE.

"CHI VUOL ESSER LIETO SIA DEL DOMAN NON V'è CERTEZZA"